Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/409

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LIBRO TERZO 399

ra nel suo principio illustrata dai Romani con famosa vittoria, andò a terminare dalla costoro parte non solo con vana profusione di vite e danaro, ma colla perdita eziandio dell’Italia, e col vedere l’Illiria e quasi tutta la Tracia turpemente guastate dai nemici quivi di già a confine; il che ora formerà l’argomento della mia istoria. I Gotti prima di entrare nell’aringo, giusta il detto nei precedenti libri, aveano ceduto a’ Germani la parte della Gallia loro soggetta, persuasi di non aver forze da resistere in pari tempo a due contrarie fazioni, e Giustiniano Augusto non potendolo impedire vi prestò il suo consentimento, bramoso di evitare brighe ov’ei nutrissero negli animi ostili pensieri. Di più i Franchi addivenuti possessori delle Gallie estimavansi mal sicuri e fermi senza una scritta imperiale, che approvassene l’operato. Di quel tempo i re de’ Germani ebbersi Massalia1, colonia de’ Focesi, con tutti i marittimi luoghi, e con essi la sovranità del circostante mare. Presiedono ora ai Circensi di Arelate2, e con l’oro dei Galli battono monete imprimendovi non la imperiale effigie, come di consuetudine, ma la propria; e sebbene lo stesso monarca persiano impronti l’argento a suo buon grado, nell’oro nè egli nè altri di que’ regi, tutti possessori del prezioso metallo, possonvi rappresentare sè stessi; quindi è che nel commercio anche i barbari non voglion sapere di germanica moneta. Non altrimenti andavano le costoro bisogne.

  1. Marsiglia.
  2. Arles.