Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/490

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480 GUERRE GOTTICHE

giatori della luce, pure con benignità somma vi trattiamo. E di vero che mai chiediamo da voi per accordarvi salvezza, del passare all’infuori ad un miglior reggimento, e dell’avere a monarca anzi Giustiniano che Cosroe? Nè indugerete un istante ad ottenere la più solenne confermagione dell’udita proposta. Il perchè fatti arbitri pienamente d’una miglior sorte non vogliate essere voi medesimi gli artefici de’ vostri mali, nè ascrivere ad eroico valore il condurre baldamente intra le angustie la vita, quando al tutto manchi ogni speme di lor alleviamento; costanza a miglior ragione da appellarsi fanatismo di morte, che non illustre impresa. È prode al contrario colui che soffre e dura pazientemente le avversità donde ha fiducia uscirne con qualche futuro vantaggio; nè un volontario passar di questa vita riscuote gli umani applausi, quando il motivo che lo determina mal regge al confronto della speranza d’una sorte migliore, essendo mai sempre la violenta, disutile e precipitata distruzione di noi stessi giudicata follia, e a diritto lo sconsigliato ardimento d’incontrarla con ispontanea deliberazione si dichiara dal savio non più che turpe larva di fortezza. Ricordivi alla per fine che peccate coll’operar vostro in ingratitudine verso il Nume, il quale volendo perdervi non avrebbe certamente, a parer mio, permesso che cadeste nelle mani d’un vincitore tutto propenso a salvarvi. Tale in verità è l’animo de’ Romani per voi: consigliatevi dunque a vicenda, e risolvete se vi torni meglio di venire a più miti consigli.»