Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/63

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LIBRO PRIMO 55

ogni maniera di suppellettile; infierendo più che tutti i Massageti, i quali profanatori sin dei tempj macchiaronli col sangue di molti vinti speranzosi là entro di salvezza. Tale imperversarono le cose finchè Belisario trascorrendo per ogni dove non ebbe represso il furore de’ suoi, e raccoltili a parlamento diceva loro: «Mal noi corrispondiamo al benefizio ricevuto dal Nume, di essere ciò è fatti degni della vittoria e d’un sì glorioso trionfo, riducendo in poter nostro una città sino ad ora inespugnabile, coll’appalesarci immeritevoli di cotanta grazia; quando per lo contrario colla molta umanità nostra è mestieri diamo pruova che a buon diritto ella fu da noi soggiogata. Non vogliate adunque portare odio perpetuo ai Napoletani, nè dilungarlo oltre i limiti della guerra; giusto essendo che nessun vincitore abbia più da infierire contro i vinti, imperciocchè morendo costoro non uccidiamo più nemici, ma gente a noi sommessa. Ponete quindi un termine ai vostri gravissimi oltraggi, nè assecondate l’ira che v’anima in guisa da permetterle ogni eccesso, turpe essendo che i vincitori dei nemici lascinsi poi vincere da lei. Sia vostro, in premio del mostrato guerresco valore, tutto il conquistato danaro, ma rendansi cui spettano e donne e fanciulli; appareranno con ciò i vinti di quali amici venissero privi un tempo dalla imprudenza loro.» Dopo questa esortazione il duce restituì mogli e prole, e tutti gli altri prigionieri, senza che neppur uno dei tanti patisse oltraggio, ai Napoletani, riconciliando insiememente gli animi delle truppe con quella malaugurata popolazione. Costei adunque nel correr