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no il lettore e fanno ammirare il poeta. Ma in Omero l’autore si nasconde e non si vede che il quadro1.
Terrificam capitis concussit terque quaterque
Caesariem cum qua terram, mare, sidera movit2.
Il lusso rettorico della chioma che a un tratto sembra il primo agente ci distoglie dalla sublimità dell’idea. Il terque quaterque appone troppa insistenza e troppo stento all’onnipotenza divina.
Sic ait, et capite atque oculis pater annuit: almam
Ambrosius fluxit per frontem et regia crinis
E nuovamente il maggiore de’ nostri nell’xi del Purg. v. 106, cantò anch’egli
. . . . . ch’è più corto
Spazio all’eterno, ch’un mover di ciglia
Al cerchio che più tardi in cielo è torto.