Anzi male per ben sempre ti rende;
Ladro ti chiama di ciò ch’ei t’invola, 18E per propria, la tua merce rivende.
Trangugiasi volumi d’ogni scuola,
E un pasticcio latino-italo-greco 21Rivomita indigesto dalla gola.
Erra intorno con gli occhi eppure è cieco;
Da lunge annusa e corre al putridume, 24Grida dì e notte, e sempre come l’eco.
Striscia per andar dietro all’altrui lume;
Se gli è presso, abbarbagliasi e nol vede 27Striscia perchè non ha gambe nè piume.
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. . . . . . . 30. . . . . . .
E questo ha due peccati originali,
Oltre quel d’Eva: dentro non ha cuore 33E di fuor non ha forme naturali.
D’impotente libidine d’amore
Arrabbia quindi; e la Venerea face, 36E Apollinea desiando muore.
Nè dorme un sonno mai quando si giace;
Svegliasi spesso, e le altrui gioie insidia, 39E per turbarla altrui perde sua pace.
Quando l’Orgoglio si sposò l’Accidia,
Questo mostro ebbe vita, e per nudrice, 42Che l’allattò di fiele, ebbe l’Invidia.