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Pagina:Opere varie (Manzoni).djvu/171

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APPENDICE AL CAPITOLO IV




Intorno al significato di due luoghi della Storia dei Longobardi,
di Paolo Diacono.



Il primo di questi controversissimi luoghi è relativo all’interregno, durante il quale i Longobardi furono governati dai duchi delle diverse città conquistate, dopo la morte di Clefo, secondo re in Italia di quella nazione. His diebus, dice lo storico, multi nobilium romanorum ob cupiditatem interfecti sunt; reliqui vero per hostes divisi, ut tertiam partem suarum frugum Langobardis persolverent, tributarii efficiuntur 1.

L’altro si riferisce al momento in cui i duchi ristabilirono il poter regio nella persona d’Autari figlio di Clefo. Qui, dopo aver detto che in quell’occasione essi cedettero al novo re la metà delle loro sostanze, lo storico aggiunge: Populi tamen aggravati per Langobardos hospites partiuntur 2.

In mezzo alla diversità dell’opinioni sul significato speciale de’ due luoghi è una cosa ammessa concordemente, che ci sia tra di essi una stretta relazione: e ciò che lo fa credere è la somiglianza, che infatti è singolare, tra le due espressioni, per hostes divisi, e per Langobardos hospites partiuntur. E siccome la prima accenna indubitabilmente un atto costitutivo, una legge stabile, imposta dai conquistatori a una parte de’ conquistati, così si crede che la seconda deva significare o una modificazione, o una nova applicazione della legge medesima. L’aver poi l’autore usata questa volta la parola populi, ha fatto parere che qui si tratti d’un fatto più generale, e che in questa frase sia contenuta insieme e nascosta una notizia importante intorno alla condizione degl’Italiani sotto il dominio longobardico.

A noi è parso di vedere che quella somiglianza non sia altro che di parole, e meramente fortuita, e che in questo luogo lo storico abbia voluto riferire un fatto interamente novo, e di tutt’altro genere, senza relazione, nè analogia col primo: cioè, non una legge stabile, ma un provvedimento occasionale, e relativo, non alla popolazione italiana in generale, ma a una quantità accidentale e temporaria d’Italiani. Quindi l’interpretazione che arrischieremo di quella frase, non che dar lume alla vasta e interessante questione della condizione generale degl’Italiani sotto i Longobardi, non potrà, riguardo ad essa, avere altro effetto (se n’avrà alcuno), che di sottrarle un documento, e quello nel quale, più che in qualunque altro de’ pochi che ci rimangono, si crede di poter trovarne la chiave. Era nostro dovere d’avvertir di ciò a tempo il lettore.

Riguardo poi al primo luogo, non possiamo nemmeno chiamar nostra l’interpretazione che siamo per esporne, giacchè non è nova che in parte; e, differendo in un punto da tutto quelle che sono state preposte, s’accorda in altri con più d’una, e in uno essenzialissimo con quella che è stata così dottamente sostenuta dal signor Troya nel Discorso della con-

  1. De gestis Langob. 11, 32.
  2. Ibid. III, 16.