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XXXVIII.

Dolci pensier che da sì dolci lumi
Conducete nel cuor tanta dolcezza,
Ch’io temo l’alma ne’ martiri avvezza
In disusato ben non si consumi;

Non v’accorgete come bei costumi,
Gentil parlare ed immortal bellezza
N’alzin da terra, e tanto quell’altezza
Distrugga il cor quanto l’ingegno allumi?

Sì v’accorgete pur: ma in tale ardore
La bella donna mia da poi si mostra,
Che fa per un di voi nascerne mille.

Crescete adunque, e sia la gloria nostra
Di qui a mill’anni, che in un tempo Amore
Divise in dui tutte le sue faville.

XXXIX.

L’aura gentil che sospirando move
L ’ avorio e l’ostro che ’l pensier m’invesca,
Col soave spirar più non rinfresca
I disir caldi........

Onde se da’ bei labbri ancor non piove
L’usata grazia e le parole ch’esca
Fur di mia vita nell’età più fresca,
Convien che morte lacrimando prove.

Però cor mio, tu che con lei dimori,
Io ti consiglio, quando è più sereno,
Che gli rammenti il duol che mi consuma.

Forse ella per oblio mi dà tal pena:
Chè aver diletto degli altrui dolori
Da spirito gentil non si costuma.