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Pagina:Oriani - Il nemico, vol.2.djvu/122

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colla faccia graffiata dagli stecchi, travolti, quasi schiacciati, perchè il filo non si era rotto. Il cavallo pareva tramortito, la donna, sbalzata di sella a cinque passi, si rialzava. Ci fu un minuto d’incertezza.

Ella si rivolse.

— Topine! urlò Loris già in piedi. L’altro si levò pesantemente, ma scorta la donna si slanciò; parve un lupo, la rovesciò, le gettò le sottane sul capo, gliele fasciò strettamente, e con quel fardello, tutt’altro che leggero sulle braccia, si mise a correre rapidamente. Quel latrato si perdeva in lontananza.

Il cavallo, che si era rotta una gamba, gettò un nitrito doloroso tentando di rizzarsi.

Loris si voltò involontariamente a guardarlo dalla svolta del sentiero, precipitandosi dietro Topine.

Fu una corsa di pochi minuti, penetrarono nella macchia quasi contemporaneamente. Nella caverna la lanternina agitava una luce fioca. Topine gettò la donna sul mucchio di fieno, appoggiandosi per non cadere alla parete, e cercando cogli occhi il fiasco della vodka.

La donna balzò in piedi; le vesti le si abbassarono sugli stivali, si tastò istintivamente il cappellino a cilindro, di felpa nera, tutto ammaccato. Era rossa dalla soffocazione delle vesti. I suoi occhi gonfi sulle prime non discernerono nulla, poi vide Loris senza riconoscerlo; Topine restava