Pagina:Oriani - Il nemico, vol.2.djvu/227

Da Wikisource.
218

curasse più di lui, solamente di quando in quando Loris si sentirà i suoi occhi addosso, e ne provava al cuore come il vellico di una fiamma.

In un momento, che rimasero soli nel salone, Loris le disse imperiosamente:

— Ho da parlarvi.

L’altra aperse gli occhi con grande meraviglia.

Loris frenò a stento un impeto di sdegno, accorgendosi di essere giuocato.

Con suprema abilità femminile, invece di rinfacciargli l’infamia di quello stupro, di cui porterebbe il lutto per tutta la vita e dal quale le era venuta quell’affascinante fisonomia di martire, Tatiana gli aveva lasciato travedere qualche resto di passione per lui; quindi era rientrata nella sicurezza di una castità ancora più garantita dalla malattia che dall’offesa sofferta.

Per la prima volta Loris trovava un ostacolo più forte della propria volontà.

— Verrete stanotte in camera mia?

E già l’interrogazione era quasi un comando.

Ella si levò per andarsene.

Loris la seguì fino all’uscio fermandola brutalmente per un braccio. Tremava; Tatiana a quel contatto sussultò, lasciando trasparire sul volto una gioia così soave che a Loris cadde la mano.

— Tatiana...

— Che cosa volete? mormorò, rannicchiandosi voluttuosamente sotto il suo sguardo.

— Debbo parlarvi a lungo, non qui.