Pagina:Oriani - Il nemico.djvu/230

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Tornò a girare nel corridoio, fermandosi sulla cima della scala e trovando in questa ritmica intensione di pericolo come un sollievo. Poi il bisogno di un rischio più vero lo vinse, e venne alla finestra per schiuderne i vetri, e spiare sulla piazza. Quando lo ebbe fatto, si sentì più calmo.

Il giorno scemava, anche fuori del teatro, in un crepuscolo piovigginoso. Loris tremò che non nevicasse nella notte, perchè Lemm da solo non sarebbe riuscito a stendere il filo. Allora si mise a scrutare il tempo; dirimpetto al teatro le case erano così alte, che intercettavano ogni orizzonte. Non poteva guardare che in su. Si era ingannato; quei toni plumbei del tramonto non annunziavano la neve. A poco a poco si fecero più trasparenti, e il cielo si purificò.

Dietro le sue spalle, nella sala, l’ombra si era addensata.

Se fra due ore i caloriferi non venivano accesi, il concerto era rimandato chi sa a quando.

Allora una serenità tragica gli si fece nella coscienza. Comunque fallisse il suo attentato, altri lo riprenderebbe, perchè dopo tanto sangue di scaramuccie era impossibile non scoppiasse la guerra. Egli perirebbe come un precursore, ma la sua anima col suo nome passerebbe nell’anima del popolo; e nei libri, nelle veglie, per le steppe e per le case, si parlerebbe di lui. Gli amici che non avevano osato seguirlo, rivelando il disegno della sua guerra lo innalzerebbero a condottiero ideale