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doti salaci, con cui si rifanno delle lunghe ore di silenzio della giornata di caccia...

Ma, anche steso sul carro il cacciatore si stanca
e, dopo una parca cena, ecco che il sonno lo vince (1)


cacciatori e carrettieri, ronzini e cani da guardia, coricati tutti a terra senza distinzioni di casta, dormono ora della grossa nella «tanca».

Solo le stelle della notte li contemplano dall’alto dei cieli ed ascoltano tutto quell’innumerevole popolo d’insetti, che passan sotto i fili d’erba, stridendo, sussurrando, fischiando e tutte le migliaia di voci che s’innalzano lentamente nel silenzio della notte, si fan sempre più chiare nell’aria fresca e cullano nel sogno uomini e bestie nella loro melodia profumata. Ma se qualcuno si desta all’improvviso, ed apre gli occhi un istante, tutta l’immensa distesa della steppa gli appare illuminata dalle faville brillanti delle lucciole, talvolta il cielo si arrossa all’orizzonte di una fiamma proveniente da un incendio repentino di ciuffi d’erbe e di cespugli secchi ed uno stuolo d’uccelli passa alto sul cielo nel silenzio della notte (2).

(Trad. di Ramiro Ortiz).


Storico anche lui, ma piuttosto della storia del costume, ci si mostra Ion Ghica (1816-1897) nelle sue interessantissime «Scrisori către Vasile Alecsandri» (Lettere a Vasile Alecsandri) contenenti una quantità di notizie sugli uomini e le cose della vecchia Romania, scritte in uno stile pieno di chiarezza, naturalezza e vivacità, grazie alla quale, oltre all’importanza documentaria, ne acquistano una letteraria di primissimo ordine.

Riporterò, tanto per dare un’idea del modo di scrivere di questo autore, un brano, in cui si descrive l’abitazione e l’organizzazione della vita al tempo degli antichi «boieri», quando ancora funzionava in Romania quella specie di sistema feudale, per cui ogni «boiero» rappresentava un po’ quello che in occidente si diceva un «castellano»:

  1. Parodia scherzosa dei versi dell’«Incubo» di Heliade-Rădulescu:

    Ma il lavoro della terra stanca il contadino,
    e, dopo una parca cena, ecco che il sonno lo vince.

  2. Traduzione quasi letterale della descrizione della steppa maio-russa nel romanzo storico di N. Gogol: Taras Bulba. Maliziosamente l’Odobescu afferma di volersi fermar qui per resistere alla tentazione di tradurla tutta e darla per sua, come ha fatto un certo autore rumeno (allusione a] Carageale) che non si è accorto che una certa sua commedia (allusione alla Lettera dispersa) era stata scritta prima di lui in russo dal Gogol (L’Ispettore Generale!). L’accusa dell’Odobescu è però infondata perchè la commedia del Carageale, pur essendo del medesimo tipo di quella del Gogol (e di Rabagas di Sardou) non ha nulla a che fare nè coll’una nè coll’altra ed è assolutamente originale.