Pagina:Ortiz - Letteratura romena, 1941.djvu/154

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degli occhi nei quali si leggeva un misto di malinconia, d’apprensione, di interrogazione, entro un velo di dolore. Perchè Dan fissava così a lungo le sorelline, la madre, le icone, gli oggetti di casa? Non aveva mai visto seggiole e letti? Persino il trespolo sul quale si mescola la polenta egli aveva sollevato da terra, guardato con attenzione e posato a terra di nuovo. Dal giardino poi non riusciva mai a staccarsi e quando rientrò in casa, si vedeva bene che s’era da poco asciugate le lagrime.

Mai Dan s’era separato dai suoi con tanto dolore.

— Ti bacio le mani, mamma, e perdonami!...

La madre scoppiò in pianto.

— Perdonami anche tu, babbo, chè molti dolori ti ho dati!... — Il popa spalancò tanto d’occhi:

— Che dici, Dan? Da molto ti ho perdonato, figliuolo!...

Dan salì in carrozza, ma subito scoppiò in lagrime.

— Oh, Dan, figlio mio — disse il popa — non partir oggi. Perchè vuoi metterti in viaggio così di mala voglia? Non c’è fretta, sai? Tanto oggi non c’è neppure la comunicazione diretta. Bisognerà che aspetti sei ore a Bistritza per la coincidenza. Che farai tutto quel tempo? Lascia andare per oggi. Partirai domani meglio disposto ed aspetterai appena una mezz’ora!

— Me ne vado ora, babbo. Non ci dare importanza, parto. Su, Giorgio, frusta i cavalli!

La stazione non era Ionana, e Dan era partito dopo una buona merenda. Più si allontanava da casa sua e più bisognava che il cocchiere facesse andare i cavalli al passo, perchè pareva che Dan volesse prender congedo da tutte le case, da tutte le viuzze del villaggio. Dio, che belle case! Splendevan tutte, tanto eran bianche e sembrava che una grande fierezza emanasse da loro. E sulle porte che amori di bambini! pieni di vita, biondi, paffuti!... Dove mai aveva visto Dan tanta salute? E sì che aveva viaggiato anche in terre straniere! E quelle vecchie sulla porta di casa, colla conocchia infitta nella cintura di lana rossa, non eran degne d’esser dipinte da un gran pittore? E quel carro come si cullava nell’andatura lenta dei bovi! Con qual piacere non si sdraierebbe anche lui sul molle letto di quel fieno e s’addormenterebbe alzando solo di tanto in tanto la testa per incitare i buoi! I campi colla loro erbetta fresca, tenera e fitta fitta sembrava lo invitassero a scendere dalla carrozza, a passeggiare tra i solchi e a riposar la vista sul molle tappeto verde, soffice come la seta. Com’era bello guardare in giù verso la vallata dalla cima di quell’altura di dove si vedeva tutto!

Dan non potè più frenarsi:

— Aspetta, Giorgio, fermiamoci un po’, lasciamo riposare i cavalli...

Giorgio non arrivava a comprendere che bisogno ci fosse mai di far riposare i cavalli a pochi passi appena dal villaggio.

Di lì il villaggio non si vedeva. Solo qua e là tra gli alberi qualche casa biancheggiava come una macchia di calce. Chi avesse saputo dov’era la chiesa avrebbe potuto con un po’ d’attenzione scorgere anche la cuspide del campanile, nera sullo sfondo azzurro del cielo. Il sole si avvicinava al tramonto. Le ombre cadevano dalle colline, molli e leggiere, mentre il fresco scendeva dalle montagne purificando l’aria. La volta azzurra del cielo pareva più profonda; verso mezzogiorno sembrava congiungersi coi monti