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La poesia fu pubblicata dall’Alexandrescu nella Foaia pentru minte del 28 maggio 1845 e nessuno fin qui aveva osservato trattarsi di una traduzione del Metastasio eseguita di sulla versione francese del Rousseau. Che anzi il Lovinescu1 crede potercisi fondare per narrar „l’epilogo di quell’agitato romanzo d’amore”, che fu la passione nutrita dal poeta rumeno per quella romantica Emilia, che pur gli parve un tempo tanto adorabile nel suo pallore, ne’ suoi capricci, nel suo morbido disgusto della vita.

Ma il mio amico che ha pubblicato anni fa una bella monografia sulla vita e le opere dell’infelice e caustico poeta rumeno, va forse un po’ tropp’oltre, quando pretende di ravvisare in questa poesia, che in fin dei conti potrebbe ben rappresentare niente più che una esercitazione metrica (tradotta com’è quasi alla lettera dal francese del Rousseau), un vero e proprio documento autobiografico. „Veniamo ora — scrive il Lovinescu — a ciò che costituisce l’epilogo di questo fortunoso romanzo d’amore, alla poesia Nina, pubblicata la prima volta nel Foglio per la mente il 28 maggio 1845. Pur non essendo che una „imitazione”, essa viene a formare la chiusa del romanzo, allo svolgimento del quale abbiamo assistito. La raffinata scaltrezza e la civetteria di Emilia non potevan riportare una vittoria duratura. Cotali mezzi di lotta non sono efficaci che in piccole dosi, altrimenti si ritorcono contro quello stesso che li adopera. Era perciò naturale che il poeta finisse per accorgersi di essere stato vittima di un’illusione.

Dopo tanta civetteria,
e indefeltà e doppiezza,
finalmente, Nina, sento di vivere:
il mio cuore oggi è affrancato
da quella schiavitù insoffribile;
più non m’inganno ormai a mio riguardo.

Venuta meno la fiaccola d’amore — legem surdam et inexorabilem — il poeta può dopo una lotta accanita con sè stesso per conseguir la vittoria sperata, fissare in volto senza paura αὐτὸ τὸ θηρίον:


  1. E. Lovinescu, Viața și opera lui Grigore Alexandrescu, București, Minerva, 1909, pp. 186.