Pagina:Ortiz - Per la storia della cultura italiana in Rumania.djvu/348

Da Wikisource.
338


vano tutti, che la Rumania ha come l’Italia la disgrazia di possedere anch’essa una questione della lingua, che, incominciata coi primi vagiti letterarii, dura ancora; che non è poi vero che Aristia usi troppi barbarismi nella sua traduzione del Saul. Le critiche dunque cadono l’una dopo l’altra davanti all’evidenza dei fatti che le contraddicono; restan le lodi, fatte, è vero, un po’ a denti stretti, ma che, appunto per ciò, acquistano un valore più grande.

E dire che Asaki avrebbe potuto meglio di ogni altro darci dell’opera compiuta da Aristia un giudizio equanime e sereno! Egli che era stato in Italia quasi tre anni (1809-11), che conosceva a menadito la lingua e la letteratura italiana, che aveva preso parte attiva nella vita letteraria romana, che custodiva nel cuore come una gemma l’amore per una italiana (Bianca Milesi) ferventissima ammiratrice dell’Alfieri ed in relazione colla contessa d’Albany, egli che si era trovato in Italia nei momenti di maggiore entusiasmo alfieriano, e, (se non altro per averne sentito parlare dalla sua Bianca), doveva meglio di ogni altro in Rumania conoscere l’Alfieri; egli che avrebbe potuto scrivere un ottimo e utilissimo articolo biografico e critico e confrontar la traduzione di Aristia coll’originale italiano; egli non fa nulla di tutto ciò e preferisce arrampicarsi agli specchi, per trovarvi delle mende, che, anche se ci fossero, non iscemerebbero il valore di un’opera letteraria, che in fin dei conti egli stesso è costretto ad ammirare Probabilmente le lodi, non direi certo esagerate ma un po’ troppo rumorose, tributate ad Aristia da Heliade e Negruzzi dovettero urtare un tantino contro il carattere alquanto scontroso e caustico di Asaki. Coloro che l’han conosciuto lo descrivono un po’ come invaso dello spirito di contraddizione, acuto e tagliente nei giudizii, se non proprio un po’ cattivo come pure un illustre studioso di cose rumene me lo definiva. Niente di strano dunque che le due lettere del Negruzzi, e specie la seconda in cui si diceva che tutti a Iasi eran rimasti incantati della bellezza dei versi di Aristia, avesse provocato in lui quella specie di reazione anche a una certa distanza di tempo. Non se ne meravigli il lettore, o mostrerebbe di non sapexe di che sia capace la bizza in un letterato!

Del resto è lecito supporre che in quei giorni, a proposito della réprise moldovana del Saul, le lodi tributate al traduttore