Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
36 | la spedizione inglese |
Erano giunti infatti il tenente Prideaux ed il signor Flad mandati dal re per conoscere a quali condizioni sir Robert Napier avrebbe fatto la pace.
L’effetto morale della sconfitta del giorno avanti era stato immenso: la maggior parte dei soldati abissini usciti per combattere non erano più rientrati, ed i pochi rimasti si mostravano assolutamente avversi a continuare la lotta: il re, mezzo ubbriaco di tegg, specie di birra del paese, aveva fatto ogni sforzo, dopo il combattimento, per ricondurre un po’ d’ordine e di coraggio nelle sue file; ma non v’era riuscito, e s’era ridotto a passare la notte sull’altura di Falla piangendo e gridando di dolore e di rabbia. Verso la mattina i fumi del tegg s’erano dissipati, ed egli aveva potuto giudicare a sangue freddo la sua disperata situazione: chiamati a sè i signori Flad e Prideaux, e presa in mano una racchetta aveva esclamato, in un tuono tra il tragico ed il burlesco: «Cosa volete che faccia con un nemico che dispone di simili armi? Avevo creduto finora di essere un gran re, ma mi accorgo oggi di avere a fare con un re ben più potente di me; andate a chiedere a quali condizioni mi si vuol dare la pace».
Le condizioni di sir Robert Napier si limitarono alla seguente: Resa a discrezione; — e l’unica promessa fu che la vita del re sarebbe stata salva.
Verso mezzogiorno i due ambasciatori lasciarono il nostro campo, non troppo soddisfatti in verità, giacchè temevano che la risposta di cui erano latori attirasse una decisione terribile da parte del re. Quest’ultimo infatti proruppe in un accesso di furore, ed i prigionieri europei credettero, per un momento, che l’ultima ora fosse suonata per loro. Ma quale non fu la sorpresa di quegli sventurati nel sentirsi dire, poche ore dopo, che erano liberi tutti! Naturalmente non se lo fecero ripetere, e scesero la sera stessa al campo inglese.
La giornata del 12 giunsero a sir Robert Napier 4500 capi di bestiame mandati dal re in segno di amicizia: ma anche questo tentativo fu respinto con sdegno.
Ridotto a tal punto, Teodoro dichiarava ai pochi soldati rimastigli che chi non era pronto a morire con lui era libero d’andarsene. Poco più di cento vollero dividere la sorte del re: tutti gli altri scesero la mattina del giorno dopo al campo inglese, ove, deposte le armi, furono lasciati in libertà.