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da corrientes alla frontiera 123


Ma questo delle frecce, pare che non lo facciano che dietro invito degli stregoni, che in mattacco si chiamano hájagué, e ippaja in ciriguano; e che sia comune anche al gualiccio degli Araucani, i quali infatti hanno un verbo a proposito per esprimere questa azione, il quale è cúglin: mentre è ióco in mattacco.

E si comprende che gli stregoni abbiano scelto la freccia per arma loro riservata dallo spirito del male, perchè è la unica, tra le armi usate dagli Indiani, che si presti al mistero, e alla ciurmeria, perchè, essendo proiettile, può scagliarsi da qualunque parte e da lontano dissimulando la mano.

Gli Indiani hanno molta fiducia in questo potere dei loro ahót. Un mio ladino, certo Tajo (si chiamava così per un taglio che aveva nella faccia) Indiano, per dimostrarmi una volta il potere certo degli ahót, e che i Cristiani son tanti ignoranti quando negano la loro esistenza, mi raccontò questo fatto:

Una volta una tribù era di ritorno da uno stabilimento di zucchero della provincia di Salta. Era il tempo dell’algarroba; una notte la gente faceva festa cantando e ballando. A un tratto si sente venire un Cristiano che cantava, si sente il pesticciare del cavallo e poi il cigolio dei grandi speroni di argento.

Arrivato in faccia alla gente, si ferma e li rimbrotta per quello che facevano, e vuole proibirglielo; alla gente non piace che il Cristiano s’intruda, e dice al hájagué che lo mandi via. Il hájagué non avendolo potuto conseguire con le buone, dice al Cristiano ostinato a sciupare e a profanare la festa: «Ora tu vedrai se siamo gente da poco, e quel che può l’ahót

Si china, si tappa e grida all’ahót: «Freccialo quel Cristiano e mostragli se è poco quello che vagliamo noialtri.»

«Sta bene,» risponde l’ahót.

A un tratto si sente che sta suonando d’abbasso un rumore come se avessero rotto un palo. Era stata una freccia.

Di repente il Cristiano casca da cavallo: era morto.