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132 parte prima

cui stanno in continua relazione di guerra, alleati o nemici, e con cui hanno comune la religione degli spiriti.

Ora i Mattacchi, come già vi dissi, credono che l’anima del morto non abbia pace se non ne è seppellito il corpo nel territorio della tribù. Ignoro se per i guerrieri morti facciano un’eccezione. E credono anche, che l’anima, che essi chiamano héséch, mentre chiamano tzán il corpo e ahót il morto, non scenda sotterra tra le sue compagne, se prima il suo corpo non ha sofferto la decomposizione o pel fuoco o per l’aria. Dicono, che fino ad allora l’anima vagola intorno al rancho della famiglia, comparendo e lagnandosi.

Queste comparizioni delle anime e questi lamenti formano oggetto di molte storielle tra loro e di gran parte delle loro conversazioni, e c’è da scommettere che devono destare tra loro tante paure come tra noi.

Ne segue, che anche quando un individuo è morto fuori del territorio, vanno i parenti e gli abitanti della tolderia a cercarne i resti per dar loro sepoltura nella propria terra. Ma però, siccome trascinare un cadavere sarebbe cosa un po’ seria per gente che va a piedi e che deve spesso fare centinaia di chilometri, così aspettano che il cadavere abbia perduto le carni, e si trasportano le ossa. E con questo in niente pregiudicano il defunto, perchè tanto la sua anima non scenderà sotto terra che a decomposizione finita.

Frattanto, avvenuta la morte, se è di mattina, la sera stessa, e se di notte, la mattina appresso, collocano il cadavere dentro una buca: ma non lo cuoprono, lo tappano solamente con rame, affinchè le tigri, i cani e gli uccelli di rapina non possano farsene pasto. Finita la decomposizione, o lo bruciano, come ho detto, o lo cuoprono di terra definitivamente.

Quando l’individuo muore fuori via, allora involgono il cadavere in una rete aggomitolato e lo collocano sopra un albero coprendolo opportunamente per liberarlo dai soliti pericoli: l’anno dopo, o quando che sia, sempre però quando