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Pagina:Ovidio - Le metamorfosi.djvu/131

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Ma non è da stupir, s’ei non assonna,
     Che ’l suo desio gli fa tropp’aspra guerra,
     E per mirar la sua sì vaga donna,
     Gli par mill’anni illuminar la terra.
     E se tempo si lungo l’aurea gonna
     Mostra à mortali, e non vuol gir sotterra,
     Fallo, perc’ ha di lei troppo diletto,
     Ne può l’occhio levar dal grato obietto.

E s’hoggi, e gli altri giorni anche il vedrete
     Di questa state far si lunghi i giorni,
     E vi dorrà (si caldo il sentirete)
     Ch’ al ricco albergo suo si tardi torni,
     E se quando è di sotto scorgerete
     In quanto poco tempo il mondo aggiorni,
     E quanto si distrugga, e si consumi,
     In grossa pioggia distillando i lumi.

Se ben vi sovverrà del giorno adrieto,
     Troverete, ch’Amor fa quegli effetti
     Ne l’infiammato Sol, ch’è consueto
     Di far ne gli altri innamorati petti,
     E se dapoi sarà più dolce, e lieto,
     Come nel carro suo la Libra accetti,
     Verrà, ch’ à lei talhor non parrà grave
     Godersi alquanto al suo raggio soave.

Sol, se la luce tua talhor vien bruna,
     E tinta par d’ insanguinati inchiostri,
     Non vien, perche ’l denso orbe de la Luna,
     S’ interpon fra ’l tuo lume, e gli occhi nostri.
     Amore è quel, che ’l tuo bel viso imbruna,
     Amor vuol, che sì pallido ti mostri,
     Quel color tristo, e scuro amor ti porge,
     Che dà tanto terrore à chi lo scorge.

Quando la Capra poi, che nutrì Giove,
     Di tenebrose nubi il cielo adombra,
     E che l’Aquario si sovente piove,
     Che tutta l’acqua sua dal viso sgombra,
     E ch’ella de l’albergo non si move,
     Che l’acqua il ciel, la terra il fango ingombra,
     Anzi di modo al giel chiude il viaggio,
     Che non può penetrarvi il solar raggio,

Allhora il cauto amante, perche tolto
     Non gli sia da chi serra al freddo il varco,
     Di poter contemplar l’amato volto,
     Fà sopra l’orizonte un picciol arco,
     E come s’è nel suo tetto racolto,
     E de’ bei raggi suoi libero, e scarco,
     D’una veste invisibile si copre,
     E in casa entra di lei, ne alcun lo scopre.

Ne và, che non è visto in quella parte,
     Dove la bella vergine dimora,
     E la contempla tutta à parte, à parte,
     E quanto mira più, più s’ innamora.
     Ammira il parlar dolce, e non si parte,
     Che la vede mangiar, spogliarsi anchora,
     E restar sola con due damigelle,
     Che le scopron le membra ignude, e belle.

In quella occasion come la vede,
     Pensa ire à porsi in quel felice letto,
     E palesarsi, e poi goder si crede
     Quel, che può dare amor maggior diletto.
     Fà due, e tre volte andar l’acceso piede;
     E due, e tre volte il ferma, c’ha sospetto,
     Ch’ella non voglia udir, non gridi forte,
     E non metta à romor tutta la corte.

Di trasformarsi in qualche forma approva,
     Ch’ella habbia in tanto honore, e riverisca,
     Che mentre parla in quella forma nova
     L’ascolti, e fare un motto non ardisca.
     Pensa far poi qualche mirabil prova,
     Che non c’habbia à gridar, vuol ch’ammutisca.
     E con questo pensier rivolge il tergo
     À quella stanza, e torna al proprio albergo.

È stanco il Sol, che ’l carro andando à torno,
     Un fangoso camin sempre ha trovato:
     E dove fa la sua donna soggiorno,
     À piedi venne, à piè se n’è tornato,
     Tanto, che starà troppo à dare il giorno
     Lo stanco, et addormito innamorato,
     Ch’è stato un tempo in gran pensiero inteso,
     Poi l’ ha tutto affannato il sonno preso.