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Pagina:Ovidio - Le metamorfosi.djvu/23

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Sparto c’hebbe Triton l’horrendo suono,
     Che vuol, che à i luoghi lor ritornin l’acque,
     Ch’ insieme, dolci, e salse unite sono,
     Fer tutti quel, che al Re de l’onde piacque.
     Si mise ogni acqua in corso, e in abbandono
     Fin, che nel primo suo letto si giacque.
     Già l’onda tuttavia manca, e discresce,
     E, secondo che manca, il terren cresce.

Il noto lito già percoton l’onde
     Del mar, che poco cura uscirne fuore.
     Ogni fiume ha da i lati argini, e sponde,
     Alte per l’ordinario suo furore.
     Se vivessero quei, che ’l mare asconde,
     Saria resa la terra al primo honore.
     Standosi adunque muta in ogni canto,
     Così l’huom ruppe l’aria, in voce, e ’n pianto.

O Pirra, ò mia sorella, ò mia consorte,
     O donna da gli Dei sola salvata,
     O sola à me di sangue, e d’un più forte
     Nodo d’affinità giunta, e legata,
     O sola, à cui m’unisce hor l’empia sorte,
     Ch’in noi l’humana spetie ha riservata,
     Ecco hor noi siam tutta l’humana prole,
     E dove nasce, e dove more il Sole.

Noi tutto ’l popol, noi tutta la gente,
     Di tutto ’l mondo siamo insieme unita,
     Ben che anchor l’aria mi turba la mente,
     Ne siam molto securi de la vita,
     Deh che faresti misera, e dolente,
     Se fossi senza me dal mar fuggita?
     Come sola il timor discacceresti?
     Chi ti consoleria? dove n’andresti?

Sappi pur certo compagnia diletta,
     Che se l’onda ver noi cruda, et avara,
     Havesse anchor di te fatto vendetta,
     E me lasciato in questa vita amara,
     lo ti seguiterei con quella fretta,
     Laqual ricercheria cosa sì cara,
     Anch’ io mi gitterei nel mar profondo,
     Per non star sol nel desolato mondo.

Sapessi almen con la mirabil arte
     L’huom di terra formar, del padre mio,
     E dargli l’alma, e riparare in parte
     Quel, che morrà, se tu ti muori, et io.
     Hor siam de l’huomo essempio in ogni parte,
     A i monti, à i boschi, à gli elementi, e à Dio;
     Et odon solo i nostri alti lamenti,
     Le rive, i sassi, le campagne, e i venti.

Miseri, che farem noi soli in terra?
     Già non potremo habitar noi per tutto.
     Come empieremo il mondo, che la terra
     Non renda in vano il suo pregiato frutto?
     Come farassi, quando andrem sotterra,
     Ch’ella non resti desolata al tutto?
     Qual luogo habiteremo, ò quello, ò questo,
     Che non lasciam dishabitato il resto?

Voi, che non mai con mille, e mille ingegni
     Nel volere acquistar spuntaste avante,
     Voi, che per farvi ricchi, agiati, e degni,
     Vedeste hora il Ponente, hora il Levante,
     Voi, che per possedere imperij, e regni,
     Havete fatte tante guerre, e tante;
     Che fate, ahi lasso, perche non correte
     À farvi hor quella parte, che volete?

Fermò ’l parlare, havendo cosi detto,
     Ma non potè fermar l’immenso pianto;
     Straccia la Donna il crin, percote il petto,
     Di lagrime spargendo il viso, e’l manto:
     E s’è lo spirto in modo in lei ristretto,
     Che non puote formar parola intanto,
     Piange, e stà muta, e ’l fido sposo abbraccia,
     E non sà che si dica ò, che si faccia.

Conchiudono ambo al fin che si ricorra
     À l’oracol celeste per aiuto,
     Pregandol, che risponda, e lor discorra
     Come han da racquistar quel, ch’han perduto.
     Non havendo altra via, che à ciò soccorra,
     Se ne vanno al Cefiso, che venuto
     Se n’era già ne le sue note sponde,
     E di mondar ne l’anchor torbide onde.