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Pagina:Ovidio - Le metamorfosi.djvu/313

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ANNOTATIONI DE L'OTTAVO LIBRO.

Scilla spinta dal soverchio amore ch’ella portava a Minos taglia a simiglianza di Dalida che tagliò i crini a Sansone, il crine fatale al padre Niso, ilquale figuraremo per la ragione che mentre che ha in esso l’imperio assoluto, vede haver ancora un crine fatale, che è il vero Amore verso Dio, e verso il prossimo; per il quale non può essere tratto fuori del suo regno, da qual si voglia artifitiosa malignità de gli inimici suoi, ne meno può essere spento dalla morte. Se non che può essere colto dalla figliuola, che non è altro che la volontà inamorata del mondo, come fu colto Niso da Scilla sua figliuola inamorata di Minos, onde il mondo tendendo insidie alla ragione; & assediandola, come assediava Minos il regno di Niso, la sua figliuola che è la mala affettione, volta alle cose del mondo, spegne in lui la charità, di maniera che vien’a perdere la ragione, la vita e l’imperio insieme; non potendo poi la mala affettione godere a pieno i piaceri del mondo disperata, è per pena del suo errore trasformata in una Lodola, uccello che continuamente va saltando, e volando, ne si vede giamai fermo; cosi la volontà che fa tradimento alla ragione, e la fa perder la vita, e l’imperio, non si potendo fermare in cosa del mondo, dicendo Bernardo, che la volontà nostra come quella che è capace di Dio; non ha altra cosa, che l’istesso Iddio che la possi sacciare, e renderla quieta, però va errando per l’onde del mare di questo mondo, perseguitata dalla ragione figurata nell’Aquila, che si come l’Aquila fissa l’occhio nel Sole, piu d’ogni altro uccello, cosi la ragione guida l’intelletto alla cognitione di Dio meglio di qual si voglia altra parte dell’anima, come quella che la vorrebbe ridure a miglior camino, facendola morire alle cose fugaci, e transitorie, e voltare all’amore delle eterne, e divine, nelle quali havrà il suo vero riposo. S’inamorò Scilla di Minos salendo sopra la torre che rendeva l’armonia della cetra di Apollo; cosi la volontà s’inamora delle cose del mondo, salendo sopra la torre della comodità de gli ogetti propinqui, e del piacere delle delicie.

Con quante belle e proprie digressioni va l’Anguillara quivi ingeniosamente descrivendo gli affetti, della infelice Scilla: come si vede nella stanza, O sordo piu d’ogni crudo aspe, e fero, e nelle seguenti.

Pasiphe inamorata di un Toro per opera di Venere, e si congiunge per mezzo dell’ingegno di Dedalo con l’altiero animale, e s’ingravida del Minotauro, ch’era mezzo huomo, e mezzo Toro; hanno voluto alcuni che questa favola sia semplice historia, dicendo che Minos Re di Candia, essendo andato alla guerra; un suo secretario chiamato Toro rimase in Candia per i negocij del regno, e che Pasiphe s’inamorò ardentissimamente di lui, di maniera che per opera di un suo fidatissimo camariere gode dell’amore suo, e ne rimase gravida di un figliuolo; che nato poi parte simigliava a Minos, e parte a Toro, e per questo gli fu posto nome Minotauro. Nondimeno o sia historia, o sia favola, non è che non vi si possi trare una bellissima Allegoria, figurando Pasife figliuola del Sole per l’anima nostra, veramente figliuola del Sole, che è Iddio; che tutto che la sia maritata alla ragione, che la deve guidare per sempre che non la sdruccioli strabochevolmente nelle delicie, e ne i piaceri del mondo, che la deviino poi dal dritto camino; ha nondimeno Venere per inimica, perche il piu delle volte si lascia per mezzo suo spiccare dalla ragione, accostandose al Toro, che non è altro che la simiglianza bestiale che piglia l’huomo allontanandose dalla ragione, del quale rimanendo gravida partorisce il Minotauro, che è un’ huomo mezzo bestia, e mezzo huomo; che è dapoi rinchiuso nel laberinto che è pieno di strade tortuose che non conducono giamai al desiderato fine; cosi i piaceri, e le delicie intricano, & aviluppano l’huomo in questo mondo divenuto monstruoso, che non può giunger giamai al suo vero fine. Quivi si vede quanto vagamente è descritta questa favola, dall’Anguillara, e rapresentata vivamente, e con giudicio, e quanto sia bella la comparatione della stanza, Come se ’l Tebro altier l’irata fronte.

La favola di Arianna; si può intendere historicamente, che essendo Arianna in quell’Isola abondantissima di Vino, ne bevesse soverchiamente, onde adormentatasi, Theseo partendosi vi la lasciasse; Onde essendo veduta da Bacco cosi ben’ aconcia dal suo liquore; fu presa dal lieto Iddio per moglie; e perche la donna che si lascia facilmente vincere dal vino; facilmente si lascia ancora vincere da i piaceri di Venere; per questo Bacho le donò la corona fatta gia da Vulcano per Venere, che non si può dire che fusse altro che i segni della sua dishonesta vita; con i quali segni è portata