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Pagina:Ovidio - Le metamorfosi.djvu/344

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Piacesse al ciel, che senza il nome mio
     Potesse questa mia causa trattarsi,
     E certa fossi pria del tuo cor pio,
     Che venisse il mio nome à palesarsi.
     Hor s’haver non può luogo il mio desio;
     Se i versi miei son del mio nome scarsi,
     Bibli è colei, che te nel suo cor tiene,
     E c’ ha fondato in te tutta la spene.

Ella è colei, che t’ ama, e c’ ha scolpita
     Nel cor l’ imagin tua divina, e bella.
     Ella è, che t’ama più de la sua vita,
     D’amor più caldo assai, che di sorella.
     E ben mostrai, c’havea l’alma ferita
     Al volto smorto, al pianto, e à la favella.
     E i tanti baci, e le parole tante
     Non fur già di sorella, ma d’amante.

E ben, ch’ io mi sentissi accesa l’alma,
     E strugger dentro il già ferito core;
     Con la virtù già mia pudica, et alma
     Pugnai per discacciar si fatto ardore:
     Ma al fine amor ne riportò la palma,
     Che posson troppo in noi l’arme d’Amore.
     Pur te’l dican per me gli eterni Dei,
     Che resister cercai più, ch’ io potei.

Fei più, che far non puote una fanciulla
     Contra il colpo d’Amor possente, e crudo,
     Ma quel poter, ch’ogni potenza annulla,
     Più forte hebbe il suo stral, ch’ io lo mio scudo.
     E la gratia, ch’ io vò, non saria nulla,
     Se tu ’l il mio cor veder potessi ignudo.
     Ch’à la bontà vedresti ivi dipinta,
     Che contra il mio voler mi chiamo vinta.

Con quel timore, et humiltà, che deggio,
     Ti discopro il mio colpo aspro, e mortale,
     E sol quella pietà di cor ti chieggio,
     Che può dar la salute à tanto male.
     Sol la beltà, che in te contemplo, e veggio,
     Sanar può il cor da l’amoroso strale.
     Eleggi tu, che in te sta la virtute,
     Che mi può dar la morte, e la salute.

Colei non t’è nemica, che desia,
     Che ’l prego, che ti manda, approvi, e lodi.
     Ma brama per congiunta, che ti sia,
     Che la leghin con te più stretti nodi.
     Sappiano i vecchi la ragion più pia,
     Che vuol, che santo amor gli sposi annodi.
     Ma non vuol l’età nostra altro consiglio
     Se non quel, che ne dà Venere, e ’l figlio.

Cerchino i vecchi il lecito, e l’ ingiusto,
     Qual via s’ ha da tener, qual da fuggire.
     Ma l’anno più possente, e più robusto
     Al dolcissimo Amor deve obedire.
     Il vecchio poi che l’alma ha inferma, e’l busto,
     Quel, che più far non può, vieta co’l dire.
     Che sappiam noi, ch’Amor sia il santo, ò l’empio?
     Seguiam pur de gli Dei l’eterno essempio.

Forse, che noi dovremo haver sospetto
     Del padre, de’ congiunti, e de l’honore?
     Tu vedi quel, che ne l’altrui cospetto
     N’è lecito di far senza rossore.
     Sol ne manca il dolcissimo diletto,
     Che dà il più dolce pregio, c’habbia Amore.
     E ’l piacer, che n’havrem, soave, e certo
     Sotto il fraterno amor terrem coperto.

Gli abbracciamenti, i baci, e le parole
     Son nulla senza il lor più dolce frutto.
     Sol ne manca quel bene, onde Amor sole
     Render, chi ’l puote haver, beato in tutto.
     Deh veramente scesa alma dal Sole,
     Habbi pietà d’un core arso, e distrutto.
     Ne creder, che ’l suo amor ti confessasse,
     Se ’l forte ultimo ardor non lo sforzasse.

Quel ben, c’ ha posto in te l’alma natura
     Per bear qualche donna amata, e bella,
     Di che prender maggior dovrebbe cura,
     Che di bear la sua cara sorella?
     Quel ben, c’ ha in se la giovinil figura
     Di questa accesa, e misera donzella,
     Se dè beare un bel sembiante humano,
     Chi meglio dè bear, che ’l suo germano?