Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
E scrissi, e dimandai di far l’incesto,
Se possa far, che putta ei non mi chiame.
In tutto è violato il core honesto,
E anchor che più non pecchi, io sono infame.
Meglio è, ch’ io provi lui far dishonesto,
E ripregar, che m’accarezze, e m’ame.
Ch’ io non havrò à temer la sua rampogna,
Se parte anch’egli havrà ne la vergogna.
È pochissimo error quel, ch’à far resta,
Grandissimo è l’acquisto, s’io ’l commovo.
Ó donna insana, e che discordia è questa,
Che nel tuo ingiusto cor discorro, e trovo?
Ti penti de l’ illecita richiesta,
E pur ti piace ritentar di novo.
Solo il ritrova, e move il flebil metro,
E mille volte è ributtata indietro.
Quando il fratel la vede in tutto insana,
Fuggendo al sangue proprio fare oltraggio,
Lascia insieme la patria, e la germana,
Poi che ’l pensier di lei non può far saggio.
Da lei secretamente s’allontana,
E ferma al fine in Caria il suo viaggio.
E fonda per fuggir l’incesto indegno
Lontan da lei nova cittate, e regno.
Quando più Bibli il suo fratel non vede,
E de la sua partita à pieno intende,
Ne la camera sua secreta riede,
E dà fuor quel dolor, ch’ entro l’offende.
Straccia l’aureo capello, e ’l petto fiede,
E muta più, che può, lo strido rende.
Che non è anchor si fuor de l’ intelletto,
Che scoprir voglia altrui l’ infame affetto.
Più ch’ella puote, affrena il grido, e ’l pianto,
Ma pensa ben partir secretamente,
Come il ciel mostri lo stellato manto,
E seguir lui fra la straniera gente.
E pianger per le selve, e strider tanto,
Che sfoghi à pien la dolorosa mente.
Pur mentre è il giorno, il suo dolor raffrena,
Che teme i ceppi, ò i ferri, ò maggior pena.
Come col nero vel la notte adombra
Il nostro almo hemisperio de la terra,
E che ’l sonno à mortali il senso ingombra,
Mentre dan posa à la diurna guerra;
Di se la donna il patrio albergo sgombra,
E sola, e muta và fuor de la terra.
E allontanata in solitario lido
Da luogo à le querele, al pianto, e al grido.
Per la via dubbia va la notte tutta
In tutto fuor de’ suoi regij costumi,
E stride, e passa misera, e distrutta
Per selve, e per ombrosi hispidi dumi.
E come da la via varia è condutta,
Hor guazza, hor sopra i ponti passa i fiumi.
E per quel, c’hebbe del fratello aviso,
Tien sempre al mezzo dì voltato il viso.
Ben conosce ella à le stelle diverse,
Che cerca in ciel, qual sia la parte australe.
Ma poi che l’avo suo si discoperse,
E al giorno per lo ciel fe batter l’ale,
Dal Sole entro à le selve si coperse
Sempre stridendo il suo dolore, e male,
E se ’l digiun l’assal, le frutte acerbe
Le danno il cibo, e le radici, e l’herbe.
Più ch’ella può da gli huomini s’asconde,
Sol si palesa à qualche pastorella,
À le dimande altrui poco risponde,
E con lo strido sol piange, e favella.
Straccia con ambe man le chiome bionde,
E dopo il petto misero flagella.
Ben veggon tutti à gl’ atti, al volto, e al panno,
Ch’ ella è gran donna, e soffre un grand’affanno.
La cercan consolar, le fanno honore,
Le danno il cibo, e ’l rustico conforto.
Di palesar l’amor già dubbio ha il core,
Acciò ch’ogn’una al suo fratel dia torto.
Pur si raffrena, e dove il suo dolore
La guida, va tosto, che ’l giorno è morto.
E passa il fiume, e scorre il monte, e ’l piano,
Ver dove trovar crede il suo germano.