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Pagina:Ovidio - Le metamorfosi.djvu/498

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libro

N’andò succinto, e riccamente adorno,
     Come conviensi à Re giovane in caccia.
     Purpureo ha il manto, e d’ostro ornato è intorno,
     Et ogni fibbia è d’or, che ’l panno allaccia.
     Gli pende al fianco il rilucente corno,
     E ’l ferro, onde le fiere uccide, e caccia.
     Tal ha il corsiero anchor ricamo, et opra,
     Qual si conviene in caccia, chi v’è sopra.

Lasciato allhor la mia Regina havea
     Il patrio monte suo lieto, e fecondo
     Per ritrovar quell’herbe, onde solea
     Fare stupir di maraviglia il mondo.
     E dove à punto in quel tempo correa
     Dietro à le belve il giovane giocondo,
     Si ritrovò cogliendo il fiore, e l’herba,
     Che lei de l’arte sua fan gir superba.

Mentre ella stà cogliendo herbette, e fiori
     Per dar favore à suoi futuri incanti,
     Di corni, e gridi humani alti romori,
     Sente inalzarsi al ciel da tutti i canti.
     Si volge, e vede cani, e cacciatori,
     Paggi, e livree con cavalieri, e fanti.
     A manti, et à destrier di ricco pregio
     Ben vede, ch’è Signore illustre, e regio.

Ecco ch’à gli occhi suoi si rappresenta
     Via più d’ogni altro adorno il Re Latino.
     Hor mentre tien in lui la luce intenta,
     E mira il viso amabile, e divino,
     Di tal soavità l’occhio contenta,
     Che s’oblia la cagion del suo camino.
     Ne sol non coglie l’herba, che l’accade,
     Ma quella ch’in man tien, di man le cade.

Pensa accostarsi, e mover la favella,
     E ’l foco palesar, che ’l cor le coce.
     Rassetta il velo, e ’l manto, e si fa bella,
     E pensa à quel, che dee scoprir la voce;
     Ma non s’accosta al Re, ne gli favella,
     Che corre il suo destrier troppo veloce.
     Le vieta anchora il passo, e le raffrena
     La gran cavalleria, che seco mena.

Come raccoglie à se la mente alquanto,
     Fa l’aria risonar di questo accento.
     Corri pur via, non correrai mai tanto
     Che noccia à me, se ti portasse il vento.
     Se in tutto il mio non è perduto incanto,
     Son per fermarti, e dirti il mio talento.
     Ti scoprirò qual fiamma il cor m’opprima,
     Se l’herbe han quel valor, c’haveano prima.

Comincia poi pian piano à mormorare
     Quel verso, ch’è propitio al suo pensiero.
     Et ecco un porco fuor selvaggio appare,
     Che finta imagine è, non porco vero.
     Quell’ombra falsa poi sforza à passare
     Innanzi al valoroso cavaliero.
     Il Re, ch’è di ferire acceso, e vago,
     Spinge il caval dietro à la finta imago.

Secondo de la fata il verso chiede,
     Ne la selva il cinghiale entra più stretta.
     Il cavalier, che manifesto vede
     A qual periglio egli, e ’l caval si metta,
     Per poterlo seguir discende à piede,
     Poi dietro al porco finto il passo affretta.
     Tal che di Circe al fin l’incanto, e l’arte
     Da gli altri il trasse in solitaria parte.

Ogni parola poi dice opportuna
     Per quel, che più importante oprare intende:
     Onde il Sole oscurar suole, e la Luna,
     Quando di ciò desio l’alma gli accende.
     Già per lo fatal verso il ciel s’imbruna,
     Già la terra il vapore essala, e rende;
     Già con le nubi ragunate intorno
     Forma un’oscura notte in mezzo al giorno.

Come scorge del ciel l’oscuro aspetto
     Ogni huom, c’have il suo Re seguito in caccia,
     Per lo timor del giel denso, e ristretto,
     Che sfogare in gragniuola il ciel minaccia,
     Cerca in parte trovar capanna, ò tetto
     Che da quel tempo rio sicuro il faccia.
     Altri cerca del Re, che gli era appresso,
     Altri sol di salvar cerca se stesso.