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Pagina:Panzini - Diario sentimentale della guerra, 1923.djvu/261

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di Alfredo Panzini 255

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Dalla caserma vicina questi poveri soldati richiamati hanno intonato, con le trombe e con le voci: Fratelli d’Italia!, La bella Gigogìn, Addio, mia bella, addio, con la stessa allegria che l’Inno dei Lavoratori. Che tristezza in me! Quale tenebra! Ma forse così è, perchè oggi fu gran temporale e gran tenebra tutto il dì.

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22 Giugno, 1915.

Esami di licenza all’Istituto Tècnico. Che esami stanchi! Un’imàgine mi si affaccia insistente: da qui a tanti anni, in queste aule di esame, un professore sonnolento, come questi miei colleghi, domanderà ad uno scolaro: «Ora mi dica..., mi dica qualche cosa della guerra del 1915.»

La risposta dovrebbe essere questa: «Nel 1915, esistette un’Italia, concorde, che fece cosa non sospettata: la guerra».

Noi fare la guerra? Mi sta indimenticàbile il ricordo di un artìcolo di Corrado Zoli nel Secolo, mi pare dell’anno 1910, al tempo delle grosse manovre in cui prevalse il generale Cadorna. Lo Zoli è schietto e rude, e pare intendente di cose