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Pagina:Panzini - Il bacio di Lesbia.djvu/110

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108 alfredo panzini


— Allora Pompeo —, suggerì Catullo.

— Pompeo? —, disse la dama —. Bell’uomo!

Splendida carriera militare! Ma non dimentichiamo che se ha vinto Mitridate, il primo colpo a questo barbaro tremendo glielo ha dato Lucullo. Vi devo dire il mio pensiero?

Lucullo, che si è messo a fare il simposiarca, mi fa venire in mente Scipione che manda a dire: «Ingrata patria, non avrai le mie ossa». Vi piace quel «magno» che Pompeo si fa dare? Vanità per vanità, preferisco Cesare che si fa chiamare figlio di Venere. Cosi almeno sbalordisce il popolo. Che Pompeo valga poco in politica, ve lo dimostra il fatto che si è appoggiato a Cesare con quel parentado della figlia. E il buon Cicerone prendeva Pompeo per un secondo Scipione Emiliano!

— Allora —, disse Catullo —, ci sarebbe Licinio Crasso.

— Un ebreo! — disse Clodia. — Al tempo delle proscrizioni sfilane si è approfittato per comprare le case di mezza Roma per niente, e ora commercia su le espropriazioni per utilità pubblica. Roma deve diventare tutta di marmo. E giù catapecchie, d’accordo con gli ingegneri.

— Catone! — disse Catullo.

— Un porcospino, onesto e stupido.

— L’aristocrazia, allora!