Pagina:Panzini - Il bacio di Lesbia.djvu/178

Da Wikisource.
176 alfredo panzini


sbia, Lesbia, io ti ho amata più di un amante: ti ho amata come un padre ama una figlia», con il tragico verso: «tutta la nostra casa è sepolta».

La trama di congiunzione mi pareva il canto nuziale che Carducci ci leggeva.

Sogno di poeta?

Per un attimo, forse, non fu sogno. Sotto tremava una speranza? un segreto pensiero?

Una mano di giovane sposa riaccenderà il focolare? La casa sepolta risorgerà per la novella prole?

O Hymen, Hymeneae, io. Io Hymen Hymeneae. Vieni, sposa novella! Ella viene col piede puro nel calzare fulgente. Le faci si agitano. Vieni, o sposa novella, vergine benedetta! Con buon augurio entra nella mia casa. Diamo figli alla patria. Non è bene che il nostro nome non si riproduca nelle generazioni. Io Hymen Hymeneae, io. Io Hymen Hymeneae.

Risorgerai, riderai ancora, tu, casa dei padri? Dove sei, o sposa, o caro fiore? Tu l’hai colto il caro fiore! La rosa si è aperta per te: questo bimbo, questo frutto, questo frutìn ridente ti ha dato. Per esso ride la casa: la casa sepolta è risorta.