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XXXI

LA PRIMAVERA


C

atullo era veramente andato via da Roma.

Siccome il proconsole Memmio partiva da Roma per andare in Oriente a governare la Bitinia e i Bitinii, cosi Catullo si era unito alla compagnia dei nobili giovani che formavano la coorte di quell’alto magistrato. Erano ragazzi che andavano in quelle terre lontane nella speranza di far bene assai, perché Memmio passava per uomo letterato, seguace di Euforione e molto aveva promesso ai suoi giovani amici; ma alla prova si dimostrò poeta futurista, in quanto non mantenne le promesse fatte: anzi piuttosto seguace di quel Verre rapinatore che fu famigerato da Cicerone. Prendeva molto per sé e poco lasciava prendere ai giovani amici, si che questi se ne dolevano e dicevano che in quella spedizione ci avevano persino rimesso di borsa propria. «Non ci abbiamo fatto nessun guadagno, nemmeno per i profumi della testa.»

«Quel pretore scorticava i Bitinii: tutto lui e a noi non lasciava da mungere niente.»

Che bella cosa sarebbe stata per quei gio-