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il bacio di lesbia 21


— Desidero dirvi una cosa Orazio. Mentre questo barbitonsore mi rade la barba, possiamo parlare. Potete dire liberamente: è un greco di Siracusa, non intende latino. Accomodatevi.

Disse a Orazio:

— Mi congratulo con voi per questi vostri versi: essi sono senza spuma di parole vane e senza fetore di parole morte: versi veri per me e veri anche per un ingenuo adolescente. E questa è massima lode per un poeta.

E Augusto, con bella e pacata voce declamò:

— «Dolce e onorevole cosa è morire per la Patria». Benissimo! «O Dei, date ai nepoti di Romolo potenza e prole, insieme con ogni onore». Anche meglio! «O divino sole che ogni giorno porti la luce, tramonti e rinasci sempre uguale, deh, possa tu nel tuo viaggio eterno non vedere cosa piú bella di Roma». Qui voi, Orazio, arrivate senza sforzo alla sublimità pindarica.

E qui forse ci dovremmo meravigliare come Augusto si intrattenesse con la poesia. Egli non aspirava a glorie poetiche: egli era uomo essenzialmente politico. Bene o male che fosse, aveva messo la poesia al servizio dello Stato. Aveva suoi criterii che potevano servire tanto per la politica quanto per la poesia. Age quod