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a tedio il sacrificio e la fede, aumentano lo squallore di quelle stanze per cui freme un brivido di freddo e di noia.

E poi vi passa tutto l’esercito disperato de le memorie di una vita trascorsa inutilmente operosa; passano e precipitano giù nel sepolcro de l’oblio.

E il dottore dove passerà la sera?

L’angolo più tepido de la sua casa è la stalla, dove il ronzino rumina in pace la sua razione di gramigna. Una vecchia fante che ha conservato ancora tanto d’intelligenza quanto basta a rifare il letto e mettere al fuoco la pentola, ha sparecchiata la cena.

Egli fa cadere da la bottiglia l’ultima goccia di vino; ma il buon liquore non suscita che fantasmi dolorosi: la moglie in un cimitero lontano, lontano; il figliuolo laggiù a Torino in collegio. La madre nel suo sogno immoto, giù nel soggiorno freddo dei morti, ed il figlio forse pensano al povero vecchio; però il grappolo invano maturerà sul colle, che il suo succo più non rallegrerà la famigliuola riunita ad un solo desco.

Fu in una di quelle sere che Don Leonzio si