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parroco veniva a celebrare al mattino presto. Anche questo contribuiva ad accrescere la reputazione di superbia; ma non era vero. Era piuttosto, io credo, una riservata e fiera timidezza che non avrebbe potuto vincere nemmeno volendo.
Io mi sforzo di rievocarne l’imagine; ma la memoria ne ha sbiaditi i contorni così che a pena mi si presenta alla mente una figura di donna senza sorriso che si aggirava per quelle stanze, fra quelle rose, lenta e come smemorata anche quando il palazzo risonava dell’allegra vitalità di mio padre e delle feste degli amici.
Perchè mio padre era tutt’il contrario. Alto, con una superba barba rossiccia e due occhi cilestri quasi infantili, con un’esuberanza di vita piena di allegrezza e di ingenuità: aveva sbagliato il secolo della sua venuta nel mondo. Sarebbe stato bene con corazza e stivaloni speronati al seguito di qualche gioioso barone di Francia al bel tempo delle guerre e dei tornei.
Garibaldino in sua gioventù, republicano e liberale a suo modo, aveva portato in queste sue idee tutta la gentilezza e la idealità del suo sangue patrizio.