Pagina:Panzini - La cagna nera.djvu/83

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cello del Ginnasio. La mia finestra dava proprio sopra la scuola. Mi riscossi, presi il cappello, ma poi vedendo quegli occhi supplichevoli che mi guardavano; — No — dissi con un’affettuosità che mi sorprese —, non ti abbandonerò, non ti scaccerò.

E uscii. Ma appena fui su la strada, un abbaiamento intenso, acuto, continuo mi percosse e tutti gli scolari si volsero in su per vedere. Era la cagna che si era sporta fra i ferri del balcone e mi aveva riconosciuto. Faceva degli sforzi per buttarsi in fuori che io tremavo che cadesse giù; ma mi pareva di venir meno alla mia dignità di maestro voltandomi e facendo cenno, tanto più che sentiva un mormorio di voci presso di me:

— La cagna del professore.

Queste due parole accoppiate mi suonarono come uno scherno, e quel giorno, per la prima volta, le ore della lezione mi parvero lunghe.

Quando tornai di scuola, c’era su l’uscio della mia stanza la figlia della padrona di casa. Come mi vide, diede in una grassa risata che non la finiva mai.

Era costei una zitella ventenne che se non