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Pagina:Panzini - Lepida et tristia.djvu/90

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12 chi sarà lo sposo?


— l'uomo che si lamenta per la fame è un dappoco: meglio stringersi il cinturone sino a morirne. Quanto a voi, se non vi offendete, posso darvi io qualche cibo per il quale, oimè! non sarà necessario rallentare di troppo il cinturone. No, mio caro, non essere ingordo; la tua parte l’hai avuta...

— A chi parlate, di grazia?

— Al mio cane che sonnecchia qui presso: ha sentito ora parlare di mangiare e raspa per averne. È una bestia assai intelligente che ha imparato molte cose; fra le altre il tacere, dote rara nei cani: ma la temperanza nel vitto non è la sua preferita virtù. Del resto anche i filosofi tacciono a stento quando lo stomaco avanza i suoi reclami. Eccovi adunque del pane: esso è di orzo con un po’ di farina di ghiande, ma se voi avete appetito, apprezzerete la bontà di questa mistura. Inoltre sarò generoso con voi e vi darò anche del companatico: preferite un po’ di ceci abbrustoliti da mangiar col pane ovvero quattro olive secche?

Fortunio rispose che preferiva le olive e cominciò a mangiare con grande piacere.

Dopo alquante parole in cui l’uno spiegò all’altro della sua condizione, il carbonaio cominciò a parlare così:

— Il mio giovane viandante, ora che so chi siete, io vi consiglio ad allogarvi presso di me e lavorare in questo mestiere di fare il carbone. Io ve ne potrei fare l’elogio completo; ma basterà il dirvi che esso è un lavoro eminentemente allegro perchè non ha le variabili fasi della gioia eccessiva e della tristezza, secondo le età e le inclinazioni. Molti io ho conosciuto che ad un certo punto della vita voltandosi indietro e considerando tutta la via percorsa, giudicarono follia e vanità quelle opere appunto in cui avevano riposto maggiormente le loro speranze e il loro amore. Io invece ho fatto il carbonaio da fanciullo sotto il mio ottimo padre che è morto (e questo era inu-