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il trionfo di nadina 103

un bicchier di latte simboleggiava un olocausto alla Purità.

Il modo di allacciare le scarpe, di modellare il taglio dell’unghia aveano un profondo significato per questa infelice. Ed era così commossa di questa sua penetrazione sensibile nell’anima delle cose che, se anche non sveniva, parlava sempre come persona che sta per svenire.

— Non vedete? non intendete voi tutto codesto che non appare, ragazze mie? — diceva alle scolare. — E quelle povere ragazze si dovevano sforzare a vedere tutto codesto.

Nadina era quella che ci vedeva meno. Per Nadina un tramonto melanconico di settembre era semplicemente un tramonto, ma per la professoressa era invece «un lento dilagare di luce tranquilla, di colori blandi evanescenti, di fluttuanti penombre morbide, indugianti nel pigro crepuscolo vesperale».

Ma anche senza pietre, senza simboli, senza anelli, senza aggettivazioni Nadina era estetica.

La egregia professoressa si faceva mangiare molto del suo stipendio dalla sarta e trottava tutto il giorno e si sfiatava per la cuffiaia e pel mercante di mode. Ma non riusciva a vestire come Nadina.

— Chi è la sua sarta? la sua cuffiaia, signorina? mi dica!

— Non lo so, signora, fa la mamma!