Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. I, 1929 – BEIC 1889888.djvu/128

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122 la prima forma del giorno


     Giá dal meriggio ardente il sol fuggendo
25verge all’occaso: e i piccioli mortali
dominati dal tempo escon di novo
a popolar le vie ch’all’oriente
volgon ombra giá grande: a te null’altro
dominator fuor che te stesso è dato.
     30Alfin di consigliarsi al fido speglio
la tua dama cessò. Quante uopo è volte
chiedette e rimandò novelli ornati;
quante convien de le agitate ognora
damigelle, or con vezzi or con garriti,
35rovesciò la fortuna; a sé medesma
quante volte convien piacque e dispiacque;
e quante volte è d’uopo a sé ragione
fece e a’ suoi lodatori. I mille intorno
dispersi arnesi alfin raccolse in uno
40la consapevol del suo cor ministra:
alfin velata d’un leggier zendado
è l’ara tutelar di sua beltate;
e la seggiola sacra, un po’ rimossa,
languidetta l’accoglie. Intorno ad essa
45pochi giovani eroi van rimembrando
i cari lacci altrui, mentre da lungi
ad altra intorno i cari lacci vostri
pochi giovani eroi van rimembrando.
     Il marito gentil queto sorride
50a le lor celie; o, s’ei si cruccia alquanto,
del tuo lungo tardar solo si cruccia.
Nulla però di lui cura te prenda
oggi, o signore, e s’egli a par del vulgo
prostrò l’anima imbelle, e non sdegnosse
55di chiamarsi marito, a par del vulgo
senta la fame esercitargl’in petto
lo stimol fier degli oziosi sughi
avidi d’ésca: o s’a un marito alcuna
d’anima generosa orma rimane,