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ii - il mezzogiorno 123


60ad altra mensa il piè rivolga, e d’altra
dama al fianco s’assida, il cui marito
pranzi altrove lontan, d’un’altra a lato
ch’abbia lungi lo sposo: e cosí nuove
anella intrecci alla catena immensa
65onde, alternando, Amor l’anime annoda.
     Ma sia che vuol; tu baldanzoso innoltra
ne le stanze piú interne. Ecco, precorre
per annunciarti al gabinetto estremo
il noto stropiccio de’ piedi tuoi.
70Giá lo sposo t’incontra. In un baleno
sfugge dall’altrui man l’accorta mano
de la tua dama: e il suo bel labbro intanto
t’apparecchia un sorriso. Ognun s’arretra,
che conosce i tuoi dritti, e si conforta
75con le adulte speranze, a te lasciando
libero e scarco il piú beato seggio.
Tal, colá dove infra gelose mura
Bizanzio ed Ispaán guardano il fiore
de la beltá che il popolato Egeo
80manda e l’armeno e il tartaro e il circasso
per delizia d’un solo, a bear entra
l’ardente sposa il grave munsulmano.
Tra ’l maestoso passeggiar gli ondeggiano
le late spalle, e sopra l’alta testa
85le avvolte fasce: dall’arcato ciglio
ei volge intorno imperioso il guardo;
e vede al su’ apparire umil chinarsi
e il piè ritrar l’effeminata, occhiuta
turba, che sorridendo egli dispregia.
     90Ora imponi, o signor, che tutte a schiera
si dispongan tue grazie; e a la tua dama,
quanto elegante esser piú puoi, ti mostra.
Tengasi al fianco la sinistra mano
sotto il breve giubbon celata; e l’altra
93sul finissimo Un posi, e s’asconda