Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. I, 1929 – BEIC 1889888.djvu/150

Da Wikisource.
144 la prima forma del giorno


vide in un corpo solo e sposa e madre
pender strozzata; e del fatale uncino
le mani armossi; e con le proprie mani
a sé le care luci da la testa,
820con le man proprie, misero! strapposse.
     Ecco, volge al suo fine il pranzo illustre.
Giá Como e Dionisio al desco intorno
rapidissimamente in danza girano
con la libera Gioia: ella saltando,
825or questo or quel dei convitati lieve
tocca col dito; e al suo toccar scoppiettano
brillanti vivacissime scintille
ch’altre ne destan poi. Sonan le risa;
e il clamoroso disputar s’accende.
830La nobil vanitá punge le menti;
e l’Amor di sé sol, baldo scorrendo,
porge un scettro a ciascuno, e dice: — Regna. —
Onesti i concili di Bellona, e quegli
penetra i tempii de la Pace. Un guida
835i condottieri: ai consiglier consiglio
l’altro dona, e divide e capovolge
con seste ardite il pelago e la terra.
Qual di Fallacie Parti e de le Muse
giudica e libra: qual ne scopre acuto
840l’alte cagioni, e i gran principi abbatte
cui creò la natura, e che tiranni
sopra il senso degli uomini regnáro
gran tempo in Grecia; e ne la tosca terra
rinacquer poi piú poderosi e forti.
     845Cotanto adunque di sapere è dato
a nobil mente? Oh letto, oh specchio, oh mensa,
oh corso, oh scena, oh feudi, oh sangue, oh avi,
che per voi non s’apprende? Or tu, signore,
col volo ardito del felice ingegno
850t’ergi sopra d’ognaltro. Il campo è questo
ove splender piú dèi: nulla scienza,