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191 il giorno


or che tra nuove Elise e nuovi Proci
e tra fedeli ancor Penelopee
ti guidano a la mensa i versi miei.
     Giá dall’alto del cielo il sol fuggendo
25verge all’occaso: e i piccoli mortali
dominati dal tempo escon di novo
a popolar le vie ch’all’oriente
spandon ombra giá grande: a te nuli’altro
dominator fuor che te stesso è dato,
30stirpe di numi: e il tuo meriggio è questo.
     Al fin di consigliarsi al fido speglio
la tua dama cessò. Cento giá volte
o chiese o rimandò novelli ornati;
e cento ancor de le agitate ognora
35damigelle or con vezzi or con garriti
rovesciò la fortuna. A sé medesma
quante volte convien piacque e dispiacque;
e quante volte è d’uopo a sé ragione
fece e a’ suoi lodatori. I mille intorno
40dispersi arnesi al fin raccolse in uno
la consapevol del suo cor ministra:
al fin velata di legger zendado
è l’ara tutelar di sua beltade;
e la seggiola sacra, un po’ rimossa,
45languidetta l’accoglie. Intorno a lei
pochi giovani eroi van rimembrando
i cari lacci altrui, mentre da lunge
ad altra intorno i cari lacci vostri
pochi giovani eroi van rimembrando.
50Il marito gentil queto sorride
a le lor celie; o, s’ei si cruccia alquanto,
del tuo lungo tardar solo si cruccia.
Nulla però di lui cura te prenda
oggi, o signore. E s’ei del vulgo a paro
55prostrò l’animo imbelle, e non sdegnosse
di chiamarsi marito, a par del vulgo