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iv - la notte 249


di sé medesme, con sommessa voce
brevi note bisbigliano; e dileguansi
275dissimulando fra le sedie umili.
     Un tempo il canapè nido giocondo
fu di risi e di scherzi, allor che l’ombre
abitar gli fu grato ed i tranquilli
del palagio recessi. Amor primiero
280trovò l’opra ingegnosa. — Io voglio, — ei disse, —
dono a le amiche mie far d’un bel seggio,
che tre ad un tempo nel suo grembo accoglia.
Cosí, qualor de gl’importuni altronde
volga la turba, sederan gli amanti
285l’uno a lato dell’altro, ed io con loro. —
Disse, percosse ambe le palme; e l’ali
apri volando impaziente all’opra.
Ecco il bel fabbro lungo pian dispone
di tavole contesto e molli cigne;
290a reggerlo vi dá vaghe colonne
che del silvestre Pane i piè leggieri
imitano scendendo: al dorso poi
v’alza patulo appoggio; e il volge a i lati
come far soglion flessuosi acanti,
295o ricche corna d’arcade montone.
Indi, predando a le vaganti aurette
l’ali e le piume, le condensa e chiude
in tumido cuscin, che tutta ingombri
la macchina elegante; e al fin l’adorna
300di molli sete e di vernici e d’oro.
Quanto il dono d’Amor piacque a le belle!
Quanti pensier lor balenáro in mente!
Tutte il chiesero a gara: ognuna il volle
ne le stanze piú interne: appiause ognuna
305a la innata energia del vago arnese,
mal repugnante e mal cedente insieme
sotto a i mobili fianchi. Ivi sedendo
si ritrasser le amiche; e da lo sguardo