Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. I, 1929 – BEIC 1889888.djvu/61

Da Wikisource.


CAPITOLI

LXXXVIII

[i]

     Oh Poffare! Ser Cecco, i’son rimasto
propio come s’io fossi senza un corno:
non mi sa buono né dormir, né pasto.
     Io vo pur dietro a sbirciare d’intorno,
5per vederti una volta, vezzo mio;
ma in van io guato e di notte e di giorno,
     tu se’ scappato senza dirmi addio;
e starai lieto, e farai buona ciera,
mentr’io ti cerco a oriente, a bacio,
     10Doh! che gli venga un orco, una versiera,
e se lo portiti via quel can, quel tristo,
cagion che tu ne desti buona sera.
     Giuro sul berrettin dell’Anticristo
ch’i’vorre’propio colle man sbranallo
15se ’l conoscessi, se l’avessi visto.
     Al corpo, al sangue, ch’i’ vorre’ cacciallo
dentro’n un cesso, dentro’n una fogna,
a far co’ vermi, e colle bòtte un ballo.
     Non ti par egli degno d’una gogna,
20d’un cartoccio turchin, d’un asinelio
e d’una frusta, e d’una gran vergogna?