Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. II, 1929 – BEIC 1890705.djvu/106

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100 cicalate in versi


che qui venien come a lor dolce nido?
e gli sgherri e i baroni
25che i sabbati partien con alti e spessi
segni del tuo valore, o Sfregia, impressi
Que’ fortunati istanti
che ’nteso eri al lavoro
tornanmi a mente come fosser vivi.
30Farmi averniiti avanti
tal quale io ti vedea rader coloro
che prima erano quivi.
Come di senso privi
rimangon gl’impiccati in mano al boia,
35tal si vedeano questi
sotto al ferro svenir per la gran gioia.
Chi alle sfere celesti
per la dolcezza i lumi ambo volgea;
chi sospirava; e chi i denti strignea.
40Una mattina intera
non avev’anco atteso,
quando tu m’invitavi al dolce intrico.
Una scranna quivi era
che avea per ben due secoli conteso
45col tempo suo nimico.
Parea di verde antico
al sol sentirla: e tratti avea si fini
che a chi vi s’appoggiava
giva facendo mille dolci inchini:
50ma ritta poi si stava
si tosto che tu provvido mettei
sotto una bietta all’uno de’ tre piei.
Mi v’acconciavo sopra,
poi che il mio buon destino
55avea vi alfine il bilico trovato.
E tu la nobil’opra
incominciavi con un pannolino
che molto era stimato;