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V

LA MASCHERA

     Lascia gracchiare a questi baciapile
che voglion pur che il mascherarsi sia
una cosaccia disonesta e vile.
     Questo per me cred’io che bene stia
5a laici, a preti, a monache ed a frati,
e finalmente a chiunque si sia.
     Lasciamo star che l’andar mascherati
non offende né il ciel, né la natura,
come voglion gl’ipocriti sciaurati.
     10Non ci fu diva si innocente e pura,
o nume del celeste concistoro
che non volesse un di mutar figura.
     Nel dolce tempo dell’etá dell’oro,
leggete Publio Ovidio sulmonese,
15chi si vestia da vacca e chi da toro.
     Comuni avean e letto e mensa e spese
sotto una quercia un dio e un mortale
in que’ bei giorni ch’eran lunghi un mese.
     Quel secol, se non era affatto eguale,
20nella comunione almen dei beni
si somigliava al nostro carnevale.
     E in que’ bei di, che sempre eran sereni,
comparien fuora certe mascherate
che non fúr mai spettacoli piú ameni.
     25Forse ch’eran di queste fagiolate
che nulla non significan alfine,
e ch’ora piaccion tanto alle brigate?