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VII

IL TEATRO

Satira.

     Or ecco il carnesciale; e in qual de l’anno
stagione (o Musa mia, io parlo teco)
spropositi maggior gli uomini fanno?
     Bacco or va intorno; lo spumoso greco
5ne l’agita bollendo: e il sen gli sferza
Vener che ignuda e calda il figlio ha seco.
     Seguelo il volgo trionfante, e scherza.
Scherzi il volgo profano; e noi frattanto
de’ satirici carmi opriam la sferza,
     10Ma a chi volgerci in prima, od a qual canto,
s’aizzan tutti, or che ciascuno impazza,
l’aspro ridente venosino al canto?
     Entrerem noi su l’ondeggiante piazza
a veder le magnanime tenzoni
15dell’insubre di Brenno inclita razza?
     Briarei i fanciulli e Gerioni
fatisi a raccor la pubblica treggea,
ch’è in vece d’arme ai fervidi campioni.
     Ma noi non giá della pazzia plebea
20frustiam le spalle: andiam lá ’ve s’aduna
e la ricca e la nobile assemblea.
     Andiancene al teatro: oramai l’una
ora è di notte: quivi il carnesciale
gli spropositi suoi tutti raguna.
     25Odi ’l romor de’ cocchi universale
che van precipitando in vèr la corte
dal cocchier spinti e dal padron bestiale.