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146 terzine


     Vide appena Quirin tanto tesauro
65sparso ne’ suoi teatri, allor ch’edile
fu di Siila il figliastro Emilio Scauro.
     Forse per udir qui l’ornato stile
di Tullio e di Maron credi che stretta
stia tanta femminil turba e virile?
     70Musa non giá. Qui sol, Musa, s’aspetta
un fracido castron che a’ suoi belati
il folto stuol de’ baccelloni alletta.
     Ecco s’apre la scena; ecco dai lati
Utica s’erge: e in faccia al suo periglio
75esce il fiero Caton con pochi armati.
     Se gli scorge sul volto il gran consiglio;
e la cadente libertá di Roma
tutta gli siede in sul rigido ciglio,
     Cesar ne vien che la superbia doma
80vuol di costui: pur se gli legge in viso
qual sostenga di cose altera soma.
     Ma tu, Musa, pur vuoi scoppiar dal riso
al mio parlar, veggendo ad amendue
di biacca il muso e sobillato intriso.
     85Conterresti però le risa tue,
stu vedessi la Lisa spettatrice
che ha ’l corpo a gola e portane almen due:
     onde il rigor de’ roman volti or lice
co’ mini ornar, perché atterrito il sangue
90non le corra con urto alla matrice.
     Però vedrai Caton fra poco esangue
cantar morendo. Il popol tenerino
troppo a le doglie altrui s’agita e langue.
     Che importan leggi al poeta meschino,
95purché quel poco alfin vada buscando
che avanza a Farinello e a Carestino?
     Ma vaglia il vero, o Musa, or come, or quando,
fu serbato il decor meglio e ’l costume,
se gl’impavidi eroi muoion cantando?