Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
vii - il teatro | 147 |
100Piace a Cornelia vecchia il succidume
del sopran floscio; e lodalo a la figlia
con quanta ella può mai forza ed acume:
ma la figlia vuol altro: ella si appiglia
dell’amante alla destra, e l’empio foco
105tremulo le balena in su le ciglia.
Ella sente scaldarsi a poco a poco,
e stuprator della giá salda mente
fansi gli obbietti, il suono, il canto e ’l loco.
Ved’ella giá nella platea fervente
110sconosciute arrivar donne e donzelle
giunte co’ vaghi lor procacemente.
Dan le maschere ardir: sotto di quelle
frate Uguccion, che dal convento scappa,
copre il rossor di pizzicar le belle.
115E, mentre per veder chi’l cor gli arrappa,
levas’in piedi, e con chi è dopo alterca,
casca improvviso al poverin la cappa.
Ben di raccorla in un baleno ei cerca;
ma giá tutto fischiando il gran teatro
120vede apparir la mascherata cherca.
Musa, dirá talun che di tropp’atro
fiele ingombro i miei versi; ed ei sei dica;
ciò sol m’incresce che a la luna io latro.
E chi si duol della salubre ortica?
125Solo il cui vergognoso; e cosí i tristi
alle punture altrui montano in bica.
Debb’io tacer però che spesso misti,
anzi allacciati in un con Clori e Fille
i vezzosi abatin giugner ci ho visti?
130e grondar tutti d’odorose stille
co’ manichetti candidi d’Olanda,
e i ricci in su la testa a mille a mille?
La veritá vuol ir per ogni banda;
e correttrice satira non ave
135riguardo al servo, o a quel pur che comanda.