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i - epistola all'abate giulio zanzi 159


     Però invidia a te porto, a te ch’or vedi
gli affetti di que’ due spirti leggiadri
interprete fra lor. Tu de’ segreti
moti dell’alme scrutator sagace,
60lor voglie intendi a cui Ragion è guida:
e scorger puoi entro a’ lor cori amanti
bollire i semi di virtude altera.
     Ma tu ben sai che l’onda d’Aganippe
in noi desta furor, che poi ne porta
65imaginando per estran paesi,
a coronar gli eroi di bella lode.
     Vedimi or dunque entro alle stanze aurate,
che delle allegre nuziali pompe
ridono intorno. Io da me stesso i lieti
70sposi conoscerò: vedrò la bella
starvi pensosa, e pallidetta in viso,
qual nuova sposa suol cui vivo foco
arde al di dentro; e al sen le si ristringe
Verginitá tremante e sbigottita.
75II giovin che di grand’avoli è stirpe
siedele accanto; un tremulo baleno
d’amorose scintille intorno ferve
a le cupide luci, ond’egli bee
dal bel volto di lei tosco soave,
80ch’ai cor gli scende. E qual cosa si cela
a’ poetici lumi? Il vulgo insano
stima favola e sogno allor che n’ode
cantar: «io veggo, io veggo»; e folle ignora
la gran possa di Febo, il qual ne dona
85raggi, che penetrando al tempo in seno
mille scoprono a noi riposte cose
ch’altri non saprá mai. Ecco la Fede,
che candido il bel viso, e ’l nobil velo
candido anch’esso, a la beata coppia
90impon suo giogo: Amor lieto il sostenta
con benefica man, si che non gravi