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L’ESTRO POETICO

L’Estro divin, che l’agitata fibra
de’ vati assale, e di cui fòro un nume
con volto uman gl’immaginosi achivi,
immaginato a me discese. Intorno
5gli rotava al sembiante un’aurea luce
che mista poi col biondeggiante crine
sfavillava su gli omeri simile
a cometa che tardi a noi ritorna,
e dietro a sé lascia volar gran chioma
10d’ammirato splendore. Ei mi sorrise
sdegnoso alquanto; e d’una man mi strinse
mollemente l’orecchio; indi mi disse:
— Scotiti ornai, non dispregiato alunno
de le mie cure. Io t’educai finora
15perché la dea di gran secoli amica
suoni di te in Italia un chiaro suono.
Sorgi, e meco ne vieni al sacro tempio
dove in un colpo sol Parti rassembro,
prole amabile mia. Quivi dell’uomo
20le indomabili cure in placid’ozio
io chiamo a riposar; quivi gl’insegno
a convertire in nobile diletto
la ridondanza dei sudati frutti,
e la quiete necessaria ond egii
25alacre sorga e vigoroso all’opra.
Lá sé medesmo a lui medesmo espongo,
pari a specchio fedel che il vero imita;
or di saggi costumi, or d’eleganti