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xiii - il primo bacio 191


Un cardellin nella vicina fratta
gaietto saltellava, e ad ora ad ora
65parea volesse disfidar nell’arte
della gola una flebil capinera
gorgheggiante il saluto vespertino
al sol, che dello stanco, ultimo raggio
vestia le cime dell’arguto pioppo
70dove cantava. Ed ecco all’improvviso
ode Eurilla un latrato, e dietro a quello
un frascheggiar, che a mano a man s’appressa.
Tiene penduta il fuso, e, con quell’atto
a cui move il timor, guardasi intorno;
75e per la callaietta della siepe,
onde il prato cingevasi, entrar vede
un cane da pastor, ch’alia sua volta
anela braccheggiando. In piè si rizza
di subito; e la chioccia ed i pulcini
80col noto billi billi a sé raccoglie.
Ma l’ardito quadrupede s’avanza
si che tutti li rompe iscompiglio.
Quella dispicca un voi sopra il pollone
d’un vecchio salcio, e colassú lamenta
85il suo timor pe’ tenerelli aspetti:
questi, o fra l’erbe s’accovaccian muti
e trepidanti, o fuggono alla cieca
tanto che alcuni s’affogan nel rio.
Poscia il cane, avvisata la fanciulla,
90quatto quatto alle gonne le s’accosta,
e con blandi ganniti e con la coda
guizzante par che sicurtá le incuori.
L’impaurita nondimen percuote
Paure d’acuti stridi; alquanto volge
95gli omeri a lui; la scapigliata rócca
gli stende; il guarda obliquamente, e trema
in sé ristretta. Un pastorei frattanto,
lo zaino a tergo ed una lassa in pugno,