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xiii - il primo bacio 193


<poem> 135ella sognò il pastore, il pastor lei, si che, accesasi in ambo la vaghezza di rivedersi, al praticel sovente poi convennero. E quando all’iemale rigor cesse l’autunno, ed ogni cosa 140in alto gelo biancheggiò sepolta, gl’innamorati sospiravan mesti ne’ lor tugurietti. Oh quante volte Eurilla, al focolar muta sedendo, i di contava susseguiti a quello 145che vide Silvio ultimamente! Oh quante nel caldo imaginar ne disegnava il patetico sguardo e l’amoroso, de’ suoi baci sospir, molle sorriso, dando occhiate furtive alla vicina 150vigilanza materna, per sospetto non le scoprisse da’ sembianti il cuore. Talor vedendo i suoi dolci colombi dopo il pasto orgogliosi e mormoranti l’un l’altro codiarsi o spander l’ale 1550 porsi il becco l’un all’altro in bocca, la semplicetta invidiar parea quegl’innocui trastulli. Una fuggiasca scorserella al suo prato ancor soleva far ne’ giorni piú miti; e lo trovando 160sempre coperto di squallore, al pianto s’inteneriva si, che rubicondi le duravano gli occhi in fino a casa, ove con piè men lesto ritornava. A Silvio pure la ridente imago 165della vergine bella e desiata stava dinanzi ognora, e d’allegrezza gli era cagione e insiem di patimenti. Perché dentro al domestico abituro (da quel d’Eurilla molta via remoto) 170accigliata matrigna il tenea chiuso