Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. II, 1929 – BEIC 1890705.djvu/21

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ii - ascanio in alba 15


ire in traccia di lei;

me chiaman altre cure:
non è solo un mortai caro a gli dèi.
Ascanio. Si, le dirò ch’io sono
Ascanio tuo; che questo cor l’adora,
che di celeste diva
stirpe son io...
Venere. No, non scoprirti ancora,
Ascanio. O ciel! perché?
Venere. Ti fida.
Vedila pur; ma taci
chi tu sei, d’onde vieni, e chi ti guida.
Ascanio. Che silenzio crudel!
Venere. Dimmi, non brami,
veder con gli occhi tuoi fino a qual segno
Silvia t’adori? a qual sublime arrivi
la sua virtú? quanto sia degno oggetto
d’amor, di meraviglia, e di rispetto?
Questa dunque è la via.
Ascanio. Dunque s’adempia,
o madre, il tuo voler. Giuro celarmi
fin che piace al tuo nume.
Venere. Ah vieni, o figlio,
vieni al mio seno. A quella docil mente,
a quel tenero core, a quel rispetto
che nutrí per gli dèi, ti riconosco
prole piú degna ognora
e del padre e di me. Qui fra momenti
mi rivedrai. De la tua sposa in tanto
cauto ricerca: ammira
come di bei costumi
a te per tempo ordisce
la sua felicitá, come con lei
ne la mirabil opra
e l’arte e la natura e il ciel s’adopra.
(in atto di partire)