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204 odi


caddero i tuoi; e risonar dell’alto
suo furor fra le nubi udisti il tuono.
65Misero! a che t’addusse il volger Tarmi
contro a la sua cittade, allor ch’ei s’armi
in suo favore? Udisti il fiero suono
di sue folgori: e prono
tei vedesti sul capo andar vibrando
70incontro a te Tinesorabil brando.
Fra’ tuoi buon giorni ogni anno il di ritorna,
Milan felice, oh di chiaro e beato!
quando incontro mirasti al tuo rubello
figlio, Ambrosio venir dal cielo armato;
75ed a’ nimici tuoi fiaccar le corna
col crudo inevitabile flagello.
Oh come allor l’inviperito e fello
suo corridore urtò Tarmate schiere,
rotando ei la gran ferza! oh come al piano
80stese il nemico, resistente invano;
e di bei lauri ornò le tue bandiere!
Tanto pungenti e fiere
gli furo al cor le tue sventure; e tanto
cálsegli ognor di rasciugar tuo pianto.
85Ma non creder però lui si pietoso,
che teco ancor de la paterna sferza
non usi: il genitor, ch’ama il suo figlio,
non sempre dolce il guarda, e con lui scherza;
ma spesso ancor dentro al suo petto ascoso
90manda gli sdegni a balenar sul ciglio.
Tale Ambrosio vèr te: nel tuo periglio
del nume offeso ei ti fa scudo all’ire;
ma poi, ministro del gran braccio eterno
fatto, a te mostra con valor superno,
95che ben può nulla chi non può punire.
Cosí all’eterno sire
tal fe’ voti pe’ suoi, del Sina in vetta,
chi poi tanta ne scese a far vendetta.